Altro che paura del buio, oggi abbiamo paura dei bambini, dei neonati e anche della nascita. Esplorare la maternità ha il gusto di una esplorazione spaziale un po’ controcorrente. Da una parte i sostenitori del mondo “senza bambini” dall’altra i ribelli in cerca della luce che “illumina il viso” delle mamme. Così il mondo si riempie di cercatori di luce: un esercito senza regole di mamme scanzonate, reporter, blogger, iger, artisti e artigiani digitali.
Il mondo costruito, consumato e consumabile non ha posto per i piccoli uomini e le piccole donne in arrivo: a Milano hanno sperimentato un spilletta per aiutare le mamme sui mezzi pubblici a trovare un posto a sedere (non sai di cosa si tratta? Leggi qui). All’estero va sempre meglio, si sa: stanno sperimentando i voli aerei “child free”, vietati ai bambini (la notizia qui). Il “libero dai bambini” è diventata una vera e propria ideologia con sostenitori e adepti. C’è anche chi ha fatto ricorso al tribunale per il diritto (?) ad essere sterilizzata e non avere figli! (leggi la storia qui).
La risposta a questo nuovo canone che ci vorrebbe “senza figli, felici e spendaccioni” arriva dai nuovi partigiani della vita nascente. Sono un mix tra idealisti controcorrente, amanti delle cose come le ha fatte madre natura, oltre a mamme e papà ordinari che proprio non capiscono cosa hanno fatto di male i bambini. L’arte, almeno quella, sta dalla loro parte. In fondo gli artisti hanno guardato per secoli alla maternità, e poi siamo onesti: procreare è l’atto creativo umano per eccellenza. La nostra ciurma armata di smartphone, tastiera e reflex ce la mette tutta a ricordarci la bellezza, a volte sporca, ma sempre onesta della nascita.
Charline Tetiyevsky – izoneeating
“Il vero diritto di una donna è quello alla maternità, il figlio è il più grande atto d’amore e il suo mistero resta intatto”. Alda Merini.
C’è chi la nascita l’ha raccontata con una reflex tra le mani come Giuseppe Esposito, che ha seguito “la vita quotidiana di due persone che sono diventate tre” tra ospedali obsoleti e stupore sempre nuovo. Ne è venuto fuori il progetto artistico “diario di un parto” (scoprilo qui, diario di un parto). Ci sono artisti internazionali come Damien Hirst, che nelle sue monumentali sculture ha raffigurato spesso mamme con il pancione (vedi qui). Ci sono mamme con la stoffa del combattente come Jenny: il suo piccolo Blake è nato sfidando i pareri contrari dei medici e oggi racconta “è un miracolo, una superstar, un guerriero” (leggi la sua storia). Ma c’è anche la vita ordinaria fatta di piccole gioie come quella di Jensy in “Born to be a bride” (letteralmente, nata per essere una sposa, ecco la sua pagina).
Tanti messaggi di “guerriglia”, direbbero gli esperti di marketing, per raccontare la maternità senza mai esaurire le parole e le immagini, perché, come spiegò la poetessa Alda Merini, “il vero diritto di una donna è quello alla maternità, il figlio è il più grande atto d’amore e il suo mistero resta intatto”.
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